Il mistero dell'altruismo svelato
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La reazione di allarme |
BIBLIOGRAFIA |
Nella quotidiana lotta per la
sopravvivenza ogni creatura vivente investe le sue energie per salvaguardare se stessa, in
una gara egoistica che vede gli individui contrapposti gli uni contro gli altri. Ma in un
tale contesto di autoaffermazione cè spazio per la solidarietà, per
laltruismo? Tali concetti, attinenti alle più alte sfere dellideazione e che
sembrerebbero propri solo delle società umane, sono invece condivisi da alcune specie di
animali, Invertebrati compresi. E proprio fra gli insetti che si riscontrano gli
esempi più eclatanti di comportamento altruistico, allinterno delle complesse
società delle formiche, delle vespe, delle api e delle termiti. Nei Vertebrati gli atti
altruistici sono diffusi soprattutto fra i Mammiferi: noti a tutti sono i casi in cui
gruppi di delfini hanno prestato aiuto ad un compagno ferito, procurandogli il cibo o spingendolo in superficie per respirare,
circondando le femmine partorienti e arrivando addirittura a soccorrere delle persone in
procinto di affogare o attaccate dagli squali; come pure il più comune comportamento che
si osserva in certe gatte o cagne disposte ad allattare ed adottare piccoli estranei alla
loro cucciolata, persino se di specie diverse. Anche nel mondo dei Pesci si conoscono
esempi di atti altruistici riguardanti vari aspetti del loro ciclo vitale, anche se essi
vanno intesi in unaccezione diversa da quella culturale vigente allinterno
delle società umane. E ovvio, infatti, che nel mondo animale i legami più
vincolanti non sono come per noi di natura affettiva ed ideologica, bensì biologici,
parentali: questo è ben evidente quando si osservi il comportamento di una madre con i
suoi piccoli. In molte specie infatti lattaccamento dei genitori alla propria prole
è tale che essi lottano strenuamente nel tentativo di difenderla, spingendosi perfino a
sacrificare la propria vita per i figli. Nella nostra ottica antropocentrica questi
generosi esempi sono senzaltro da considerarsi altruistici, ma leggendoli in chiave
etologica, considerando cioè la spinta motivazionale che sta alla base di ogni
comportamento animale, aggiungeremo altre possibilità di interpretazione a questo
particolare atteggiamento.
Per altruismo in etologia si intende
ogni atto che aumenta la probabilità di sopravvivenza (o di riproduzione)
dellindividuo che lo riceve, a discapito di quella di chi lo compie. Le cure
parentali, per esempio, fanno parte dei moduli del comportamento altruistico: i genitori
occupati in tale attività, infatti, spendono molto tempo ed energia per nutrire i piccoli
e per difenderli da eventuali predatori;
anche dopo che hanno raggiunto lindipendenza alimentare gli avannotti di certi pesci
continuano ad essere protetti dai genitori che pattugliano il territorio in loro difesa.
Tali attività comportano certamente dei costi per i genitori, che si espongono più
facilmente ai predatori e talvolta smettono di nutrirsi, come nel caso dei pesci ad
incubazione orale (Ciclidi, Anabantidi, Aridi, ecc.): gli sforzi parentali indeboliscono
quindi sensibilmente i genitori, arrivando persino a comprometterne la successiva prestazione riproduttiva e, in certi
casi, la loro stessa esistenza.
Le cure parentali verso i piccoli
talvolta coinvolgono, oltre ai genitori, anche degli aiutanti, generalmente dei fratelli o
comunque dei parenti stretti, che spesso fanno le veci dei veri genitori occupati in altre
attività piuttosto che nella crescita della prole. Un esempio di questi cosiddetti
allogenitori è dato dai pesci pagliaccio (genere Amphiprion, Premnas),
fra i quali si sono osservate coppie che si fanno aiutare nella crescita degli avannotti
dai pesciolini della precedente nidiata, i quali cooperano attivamente con i genitori per
difendere le uova e poi i piccoli dai predatori; questi solerti aiutanti possono anche
arrivare a ritardare la loro fase riproduttiva a vantaggio di quella già in atto dei loro
genitori.
Occasionale, ma non infrequente è il
caso delladozione, che rientra anchessa nel comportamento altruistico. Nei
Pesci è stata osservata soprattutto fra i Ciclidi, dove le coppie di riproduttori
accettano di buon grado accanto ai propri avannotti quelli di altre specie, accudendoli e
difendendoli come la loro prole, purché questi siano di dimensioni simili a quelle dei
veri figli. Nellambito di esperimenti di ricerca che ho condotto allIstituto
di Zoologia di Firenze su generazioni successive di Cichlasoma
nigrofasciatum (varietà rosa e normale) e C.
citrinellum, ho potuto verificare di persona questo particolare aspetto del
comportamento parentale, la cui spiegazione sta negli specifici messaggi di comunicazione
fra adulti e giovani. Questultimi si fanno riconoscere dai propri genitori esibendo
i cosiddetti segnali infantili, un insieme di caratteristiche anatomiche e
comportamentali tipiche di ogni specie animale. Ma la somiglianza di certe forme infantili
(visibile soprattutto nei cuccioli dei Mammiferi) ha portato alla convergenza di tali
caratteri in specie diverse, i quali si sono sviluppati perché vantaggiosi per i piccoli:
essere riconosciuti come figli non solo dai propri genitori ma anche da altri adulti
estranei, addirittura di specie differenti, può infatti rappresentare la salvezza per i
piccoli che perdano i propri genitori a causa, ad esempio, di un predatore. Al contrario,
quando i segnali infantili non sono riconoscibili o sufficientemente forti, i piccoli non
sono riconosciuti come tali dai genitori che li ignorano o, addirittura, li attaccano.
Gli atti altruistici non sono limitati
solo allambito delle cure parentali, ma coinvolgono anche altri aspetti della vita
di relazione, soprattutto negli animali abituati a vivere in gruppo. Le sostanze ed i
segnali di allarme fanno parte di questo repertorio (vedi box): nei banchi di pesci la
vigilanza contro gli attacchi dei predatori è mantenuta da alcuni individui, i così
detti allarmisti, che, in caso di pericolo, allertano i compagni con
caratteristici movimenti. Questi esempi di comportamento cooperativo, dovuti
allattività coordinata di più individui solidali, sono senzaltro forme di
altruismo poiché mirano al raggiungimento di un obiettivo comune, che è la salvezza del
gruppo, anche se abbassano le possibilità di sopravvivenza dei soggetti che li attuano, i
quali in tal modo si espongono più degli altri allazione predatoria.
Labnegazione ed il sacrificio di alcuni membri del banco per il bene collettivo sono
il prezzo evolutivo da pagare per godere daltra parte degli
indiscutibili vantaggi offerti dalla vita di gruppo.
Se gli atti altruistici si verificano
con regolarità fra due individui che diventano a turno promotore e poi beneficiario di
tali comportamenti, scambiandosi reciprocamente il favore, si parla allora di
altruismo reciproco. Questa forma cooperativa è ricorrente soprattutto nel
periodo riproduttivo, durante il quale è gioco-forza formare unalleanza, anche se
temporanea, con il partner. In alcuni pesci ermafroditi simultanei a fecondazione esterna,
come in Hypoplectrus nigricans, un Serranide dai
bei colori dei mari delle Indie Occidentali, esiste unaltruistica condivisione delle
uova: due individui che si incontrino al momento della riproduzione assumeranno a vicenda
il ruolo di maschio e di femmina; quando lindividuo femmina emette le uova, quello
maschio emette gli spermi, poi i ruoli si invertono per un periodo che può durare anche
alcuni giorni, in un gioco delle parti piuttosto complicato e dispendioso. Sembrerebbe
infatti molto più semplice se lindividuo femmina liberasse tutte le sue uova per
farle fertilizzare dal maschio e solo dopo si invertissero i rispettivi ruoli. Perché
allora si è evoluta una modalità di fecondazione tanto lunga e complessa? Lunica
spiegazione possibile sta nella condivisione delle uova come strategia di collaborazione
che mette entrambi i partners al riparo dallinganno. Non collaborare con il partner
infatti può essere vantaggioso solo se si ha con esso una singola occasione di incontro;
in caso contrario, è meglio ricambiare la collaborazione o, a limite, interromperla se il
compagno compie una defezione. In questo caso, lalternanza dei due individui nella
deposizione delle uova, più dispendiose degli spermi in termini energetici e per la cui
produzione occorrono più giorni, fa sì che entrambi i partners si ripaghino equamente
per il reciproco sforzo compiuto. Si spiega quindi come la selezione naturale abbia
favorito la strategia di rilasciare poche uova alla volta, così che se il compagno, al
momento della deposizione fallisce, il partner lo abbandona e non ne depone altre.
Qualunque forma di comportamento
altruistico si consideri sembra però in contrasto con le teorie darwiniane della
selezione naturale che premia il più adatto, visto che chi lo mette in
pratica viene spesso penalizzato nelle proprie possibilità di sopravvivenza e di
riproduzione a favore di quelle altrui. Come mai, dunque, laltruismo si è affermato
se non è vantaggioso per lindividuo? Lo stesso Darwin non seppe dare una risposta
soddisfacente a questa domanda ragionando in termini puramente evolutivi; la risoluzione
di questo enigma del mondo naturale è venuta solo di recente, negli anni 60 e 70, con
lavvento di una nuova disciplina derivata dalletologia, la
sociobiologia, che ha come oggetto di studio levoluzione del
comportamento sociale. Grazie alle intuizioni di studiosi come Hamilton, Wilson e
Trivers,
pionieri della sociobiologia, levoluzione dellaltruismo è stata chiarita
ponendo il problema ai margini della teoria darwiniana e non incentrandolo sulla selezione
a livello dellindividuo. Questultima infatti pone al comportamento altruistico
e a quello sociale in genere delle condizioni restrittive in cui può agire, ma esso si è
affermato nonostante la forte spinta egoistica alla sopravvivenza di ogni individuo, che
comunque non può superare linvalicabile barriera della morte. Allora il solo modo
di sopravvivere sta nelleredità genetica, nel tramandare i propri geni ai figli e
perpetuare attraverso loro la specie: nascono così il concetto di fitness, termine inglese sinonimo di successo
riproduttivo, e quello di selezione di parentela. Fra individui legati da
parentele genetiche la collaborazione ed il comportamento altruistico contribuiscono a
perpetuare la linea genetica comune, condivisa da genitori, figli, fratelli, sorelle ed
altri parenti: in determinate condizioni ambientali la riproduzione e la crescita della
prole può essere rischiosa, ecco perché conviene investire tutte le energie del gruppo
familiare nei soggetti che hanno maggiori possibilità di trasmettere i geni comuni alle
future generazioni. E grazie quindi allaltruismo di alcuni individui, che
limitano o rinunciano alla propria fitness a
favore di quella complessiva della specie, che la vita continua anche dopo la morte.
La
reazione di allarme
Nonostante siano muti, in
realtà i pesci sono in grado di scambiarsi un gran numero di informazioni ed il loro
segreto linguaggio viene veicolato nellacqua sotto forma di sostanze chimiche
idrosolubili percepibili dagli organi olfattivi. Questi composti, detti feromoni, sono
comuni sia a Vertebrati che Invertebrati ed ampiamente diffusi nel mondo animale per la
comunicazione intraspecifica: secreti allesterno insieme al muco che ricopre la cute
dellanimale, sono in grado di evocare una reazione di natura comportamentale o
fisiologica in altri appartenenti alla stessa specie e sono quindi da considerarsi dei
messaggeri chimici del codice genetico di trasmissione tipico di ogni specie. Essi non
agiscono sullindividuo che li produce, ma sui suoi conspecifici, influenzandone in
qualche modo lo sviluppo, la riproduzione o il comportamento. Allinterno di questo
vasto gruppo di sostanze chimiche, alcune vengono liberate solo in caso di pericolo
come nel caso di un attacco da parte di un predatore motivo per cui vengono dette
sostanze di allarme. Di enorme importanza nel comportamento
antipredatorio,
questi feromoni si diffondono rapidamente fra tutti i membri di un gruppo, agendo
direttamente sul loro sistema centrale, e determinando una risposta collettiva immediata e
reversibile; sono, infatti, altamente volatili e, passata la minaccia, la reazione
dallarme si estingue rapidamente così come si era creata. Numerose evidenze
sperimentali hanno provato quanto questo comportamento sia essenziale al mantenimento dei
banchi di pesci: se si introduce in una vasca contenente pesci gregari, come i vaironi (Leuciscus souffia, Ciprinidae), un esemplare
ferito, si assisterà in breve ad una reazione di fuga dellintero banco, il quale
manifesterà una viva agitazione per tutto il tempo che lanimale leso rimarrà fra
gli altri, anche per alcune ore; se, invece, si introduce nella vasca un vairone morto,
non si nota alcuna variazione del comportamento del banco, dal momento che tale esemplare
non è più in grado di produrre i feromoni scatenanti la reazione di allarme. La stessa
situazione si verifica immettendo un pesce ferito in una vasca contenente dei pesci ai
quali siano stati distrutti i recettori olfattivi.
In un altro Ciprinide, il pesce zebra
(Brachydanio rerio), alcuni individui, i
cosiddetti allarmisti, sono particolarmente sensibili ai feromoni
dallarme prodotti dai loro conspecifici feriti, manifestando una tipica reazione di
paura, caratterizzata da movimenti anomali e disordinati, la cui funzione è quella di
allertare gli altri compagni affinché si mettano in salvo, ma, allo stesso tempo,
attirano su di sé lattenzione del predatore. Un comportamento altruistico, quindi,
che si compie solo in gruppi riuniti da ragioni di tipo sociale, quali quelle che hanno
determinato la coesione degli individui nel banco.
La reazione alla sostanza
dallarme è geneticamente determinata, cioè non richiede apprendimento ed è
particolarmente sviluppata fin dai primi stadi di vita, forse per impedire eventuali
fenomeni di cannibalismo, frequenti in natura come meccanismo di autoregolazione della
specie e negli acquari dalla capacità non adeguata al numero di pesci ospitati. Non tutte
le specie di pesci, tuttavia, possiedono la capacità di secernere le sostanze
dallarme: diffuse nei pesci dacqua dolce, in particolare nei Caracidi e nei
Ciprinidi, sono presenti fra i pesci marini solo nel Tribolodon
sp., anchesso un Ciprinide, che pare
sia in grado di avvertirne la presenza. |
Padoa E.,
1978, Manuale di anatomia comparata dei
Vertebrati, Feltrinelli editore, Milano.
Wilson E.
O., 1979, Sociobiologia. La nuova sintesi,
Zanichelli editore, Bologna.