Ospiti scontrosi ma pacifici
Testo di Maurizio Lodola
e M. Letizia Tani
Appartenente
all’ordine dei Siluriformi, la famiglia dei pesci Doràdidi raggruppa circa 80
specie in 20 generi (Doras, Amblydoras, Acanthodoras, Doraops, Hemidoras,
Agamyxis, ecc.), tutti dulcaquicoli neotropicali, lunghi fino a 20 cm,
provvisti di due o tre paia di barbigli (manca sempre il paio nasale), con il
corpo appiattito in senso dorso-ventrale e percorso lateralmente da una fila di
robuste placche ossee, ciascuna munita di una spina rivolta all’indietro.
Caratteristica che ha loro meritato l’appellativo di “spiny catfishes”
(pesci gatto spinosi). Un’ulteriore difesa è a livello del primo raggio delle
pinne dorsali e pettorali, e consiste in un robusto aculeo, talora seghettato e
collegato con ghiandole secernenti un liquido tossico, da essi usato per
difendersi da eventuali attacchi di predatori o se eccessivamente disturbati.
Spesso presentano anche una pinna dorsale posteriore, molle, pieghevole e priva
di raggi, detta pinna adiposa. Movendo le robuste pinne pettorali a mo’ di
zampe, sono in grado di spostarsi all’asciutto da un corso d’acqua
all’altro, e grazie al movimento delle spine pettorali, alcune specie – come
Amblydoras hancockii - sono
capaci di emettere suoni, simili a grugniti, per i quali funge da amplificatore
la vescica natatoria, motivo per cui questi pesci vengono chiamati anche
“growling catfishes” (pesci gatto che grugniscono). Nella ricerca del cibo -
come del resto tutti i Siluroidei - si affidano principalmente ad un ricchissimo
corredo di terminazioni gustative, concentrate soprattutto nei barbigli, ma
distribuite anche su gran parte della superficie corporea. Generalmente
onnivori, essi si cibano di piccoli invertebrati e di residui vegetali,
raschiando attivamente la copertura algale presente sulle rocce e sui legni
sommersi.
La maggior parte dei
Doràdidi conosciuti ed apprezzati dagli acquariofili proviene dai fiumi del
bacino amazzonico, anche se i dati relativi alla loro importazione sul mercato
europeo sono spesso incerti, come del resto la loro nomenclatura sistematica che
talvolta indica con più sinonimi una stessa specie. Uno studio monografico su
alcuni generi e numerose specie di Doràdidi del Venezuela è stato condotto da
Augustin Fernandez-Yepez, allo
scopo di determinare con esattezza quei pesci che nella zona di provenienza
vengono chiamati con il generico appellativo spagnolo di “sierra cachimba”.
In acquario i Doràdidi
si dimostrano pacifici, convivendo bene con qualsiasi altra specie, purché si
tenga conto delle loro necessità. Sono infatti
pesci esclusivamente notturni, che durante il giorno preferiscono restare
nascosti all’interno delle cavità rocciose, fra le radici di legno o gli
elementi decorativi, infilandosi addirittura dietro i tubi del filtro. Per
capire qual è l’arredamento in acquario più adatto a questi Siluroidei,
occorre tener presente che in natura tali pesci vivono in acque piuttosto scure,
con ciottoli infossati nel fondo di sabbia e molto materiale vegetale
proveniente dalle foreste circostanti, come foglie, rami e radici arboree;
inoltre, bisogna considerare che di solito questi biotopi sono ombreggiati dai
cespugli e dalla chioma degli alberi che crescono lungo le rive. E’ utile,
quindi, predisporre un’illuminazione non intensa e soprattutto fornire loro
dei nascondigli, come piccoli vasi di terracotta o dei mezzi gusci di noce di
cocco - nei quali avremo cura di predisporre apposite aperture per farli entrare
e uscire a piacimento - altrimenti si infossano nella sabbia fino all’altezza
degli occhi, perciò non gradiscono il ghiaietto grosso come materiale di fondo.
La vasca dovrà essere di dimensioni di almeno 80x40x40 cm, con il fondo
costituito da sabbia fine su cui
crescono piante a foglie larghe, anche galleggianti, che, insieme ad altri
ripari, lascino però qualche angolo libero dove i pesci possano scavare. I
nascondigli devono avere dimensioni proporzionali ai pesci, perché queste cavità
vengono spesso usate per la deposizione delle uova; talvolta capita che essi
scavino delle fossette sotto le pietre e poi attacchino le uova al di sotto
della parete rocciosa.
Per il resto, i Doràdidi
sono pesci di facile allevamento, che non hanno particolari pretese per quanto
riguardo la composizione dell’acqua, anche se prediligono un’acqua scura,
filtrata attraverso torba, leggermente acida (pH compreso fra 5,8 e 7,5) e con
bassa durezza (da 0 a 20 dGH). La temperatura dell’acqua può variare dai 20
ai 28°C nella maggior parte dei casi, ma alcune specie, come Agamyxis
pectinifrons, possono tollerare per brevi periodi anche temperature più
basse, intorno ai 15°C; infatti, nei loro luoghi d’origine, l’acqua bassa
dove questi pesci vivono può raffreddarsi notevolmente durante la notte.
In acquario i Doràdidi
possono raggiungere un’età notevole, oltre i 10 anni e, una volta
acclimatati, anche se sono sciàfili - cioè non gradiscono la luce - lasciano
spesso i propri nascondigli, soprattutto quando si offre loro del cibo. In
genere entrano in attività appena si fa buio, cercando con i loro barbigli il
cibo sul fondo: mangiano volentieri Tubifex, larve rosse di zanzara e lombrichi,
ma anche pezzetti di carne magra, fiocchi d’avena e mangime secco
(particolarmente indicato quello in compresse). Gradiscono anche foglie di
lattuga o altro materiale vegetale, utili per integrare la loro dieta in caso di
carente crescita delle alghe in acquario.
Il dimorfismo
sessuale di questi pesci è piuttosto incerto; da adulti – in natura quando
raggiungono una lunghezza di 16 cm, in acquario di 10 cm – le femmine si
riconoscono per la parte ventrale più ampia. Purtroppo non si conoscono
successi di riproduzione in cattività: H. J. Franke, durante una spedizione in
Perù, catturò femmine di varie specie pronte per la deposizione, con migliaia
di uova nell’ovario; soltanto Grundmann però riuscì nel 1983 a riprodurre Agamyxis
pectinifrons, - spesso conosciuto come A. flavopictus - dopo aver
trattato i pesci con ormoni gonadotropi ed aver provveduto poi alla fecondazione
artificiale. In natura è stato osservato Amblydoras hancockii - diffuso
dalla Guyana alla Colombia - costruire in superficie un nido di schiuma
utilizzando pezzetti di vegetazione, con il maschio addetto alla cura della
prole.
Le specie più
commercializzate sono il su citato Agamyxis pectinifrons, originario
della regione fluviale del Rio delle Amazzoni, del Rio Ucayali e del Rio Maranon,
ma che si trova anche più a nord, in Equador e nel Brasile settentrionale,
dalla bella livrea scura su cui risaltano numerose macchie bianche; Platydoras
costatus, anch’esso originario dell’Amazzonia, dall’elegante
colorazione a bande trasversali bianche e nere; Acanthodoras cataphractus,
dal vistoso disegno maculato; Doras eigenmanni, provvisto di lunghi e
ramificati barbigli; lo spinosissimo Platydoras armatulus e il diafano Hemidoras
microstomus, ecc.
Oltre che per le
loro abitudini schive e notturne, i Doràdidi sono piuttosto difficili da
catturare con il retino a causa della loro corazza spinosa; meglio ricorrere ad
un barattolo di vetro o ad un tubo di plastica con del cibo all’interno che li
attiri. In seguito alla cattura, occorre comunque maneggiarli con cautela per
evitare gli aculei delle pinne, secernenti una sostanza irritante anche per gli
altri pesci.
Bibliografia:
Axelrod
H.R., Burgess W.E. “Atlas of Freshwater Aquarium Fishes”, T.F.H.
Publications, Neptune City, N J, 1985
Baensch A.
H., Riehl
R. “Atlante di Acquarium”, (volume 1), Primaris Edizioni, Milano,
1997
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