L'unione fa la forza: il banco
a cura di Maria Letizia Tani e Maurizio Lodola

La lotta per la sopravvivenza che coinvolge tutti gli organismi viventi in ogni elemento - aria, terra, acqua - ha determinato lo sviluppo di una straordinaria serie di strategie adattative per vincere la quotidiana battaglia per la vita. Questa si combatte su due fronti: quello delle prede e quello dei predatori. L'elemento acquatico non fa differenza, vi valgono le stesse regole delle savane, delle foreste o dei cieli aperti, che si riassumono in definitiva in un'unica alternativa: attaccare o fuggire. Nel corso dell'evoluzione le comunità viventi si sono specializzate nell'uno o nell'altro senso, talvolta anche in maniera sottilmente ambigua, perché gli adattamenti messi in atto per sfuggire ai predatori sono poi utilizzati per sorprendere le vittime, come nel caso del mimetismo. Ogni giorno, quindi, le innumerevoli specie che popolano il nostro pianeta affrontano il problema della sopravvivenza stando, per così dire, "ad occhi aperti", vigilando cioè attentamente sulla propria incolumità ed al contempo pronte a cogliere le occasioni per nutrirsi, crescere e riprodursi.

In acqua tali condizioni si realizzano in maniera più problematica rispetto all'ambiente terrestre, perché nel mezzo liquido il pericolo può arrivare da ogni parte, anche dal di sotto. In questo contesto appare chiaro come nei pesci la vita di gruppo si sia sviluppata con successo, rappresentando una soluzione semplice ma efficace: moltiplicare l'attenzione per centinaia, migliaia di individui, per poter scrutare l'ambiente in ogni direzione. Vivere insieme a molti altri consimili, costituire un gruppo, un branco - nel caso dei Pesci un banco - è del resto un comportamento comune a molte specie animali, dagli Invertebrati ai Mammiferi più evoluti, che si manifesta con relazioni spesso complesse che talvolta portano alla costituzione di veri e propri gruppi sociali. Gli esempi sono molteplici e riguardano i più diversi tipi di animali e di ambienti: si pensi agli stormi di uccelli, alle mandrie di zebre o di gnu, ai branchi di lupi o di leoni, agli sciami di api o di altri insetti, come pure agli immensi banchi di pesci pelagici o ai gruppi familiari delle balene e dei delfini.

La diffusione ed il successo del comportamento gregario in natura fa supporre che esso rappresenti un ulteriore mezzo a disposizione delle specie per sopravvivere e progredire nel cammino evolutivo, allo scopo di rafforzare e moltiplicare l'opera dei singoli individui. Numerosi sono infatti i vantaggi derivanti da tali aggregazioni: i mille occhi costantemente rivolti in tutte le direzioni sono in grado di anticipare le mosse di eventuali predatori; la moltitudine diminuisce poi la probabilità di essere divorati, dato che si è nascosti fra molte altre possibili prede; inoltre, gli animali riuniti in gruppo riescono spesso a disorientare un nemico con più facilità rispetto al singolo individuo. Insieme a questi aspetti immediatamente visibili della vita di gruppo ne esistono altri, impercettibili e complessi, legati alla sfera delle relazioni intraspecifiche, mediati da suoni, messaggi chimici e visivi, atteggiamenti e comportamenti comprensibili solo ai componenti della massa. Lo studio di queste interrelazioni ha permesso di comprendere le sofisticate dinamiche operanti in questi gruppi riuniti da una ragione di tipo sociale che, in quanto tali, vanno distinti dagli aggregati occasionali che si formano in conseguenza di particolari situazioni socio-ecologiche, come l’abbondante presenza di cibo, le migrazioni o la ricerca di partners. Vedremo qui di seguito come si presentano le forme di aggregazione all'interno della classe dei Pesci, distinguendo fra essi le specie che si riuniscono in banchi fin dai primi momenti di vita e quelle nelle quali l'istinto gregario si manifesta solo in particolari momenti del ciclo ontogenetico.

In ogni caso, il cosiddetto "comportamento di banco" è notevolmente diffuso fra i pesci, in considerazione del fatto che circa la metà delle specie ittiche è coinvolta in questo fenomeno in almeno una fase del proprio ciclo vitale ed un quarto delle specie lo adotta come modello permanente di vita. Infatti, se da un lato esistono numerose specie di pesci dalle spiccate attitudini territoriali, che conducono una vita per lo più solitaria, dall'altro ci sono altrettanti esempi di pesci che vivono esclusivamente in gruppo. I banchi rappresentano l'espressione di questo spirito gregario, arrivando a comprendere un considerevole numero di individui (certe specie pelagiche superano i 3 miliardi di componenti), normalmente appartenenti alla stessa specie, ma ci possono essere anche banchi eterospecifici. Caratteristica di questi raggruppamenti è l'uguaglianza di taglia dei componenti, tutti di dimensioni molto simili, che permette un perfetto allineamento dei singoli individui nella formazione di masse compatte ed impenetrabili. Il banco addensato assume quindi una sua particolare fisionomia, all'interno della quale tutti i pesci rispondono allo stesso modo ed allo stesso tempo, costituendo un'entità che vive della cooperazione fra singoli soggetti.

A chi è capitato di immergersi sott'acqua ed imbattersi in un banco di pesci, oppure lo abbia semplicemente visto in un documentario naturalistico, avrà senz'altro notato che non appena si nuota verso di esso la formazione compatta improvvisamente si allarga, si rompe, dividendosi in due o più gruppi che nuotano velocemente in direzioni opposte; anche piombandovi dentro, non si riesce comunque a sfiorare un solo pesce. La miriade di pesciolini tornerà poi ben presto a riunirsi in una caratteristica nube densa e scura, una sorta di groviglio vivente che fluttua con un sincronismo sbalorditivo fra i suoi membri, muovendosi con la stessa fluidità dell'acqua: se si assiste a tale spettacolo, si rimane impressionati dall'assoluta perfezione dei movimenti del banco di pesci, i quali sembrano agire come coordinati da un regista invisibile che dirige tutte le loro mosse, tanto più complicate quanto più elevato è il numero dei suoi componenti.

Alla base di tale perfetta sincronia c'è una rigida organizzazione spaziale dei singoli membri, che nuotano muovendosi in maniera coordinata secondo una precisa polarità direzionale, mantenendo cioè - anche nei minimi spostamenti - la stessa posizione gli uni rispetto agli altri: questa regolare disposizione nello spazio è il cosiddetto schooling, che si osserva nei gruppi di pesci che nuotano in maniera sincronizzata e polarizzata come un'unica entità. Non tutti i banchi di pesci assumono però tale formazione, ma i componenti possono essere anche disposti in maniera più o meno casuale gli uni rispetto agli altri ed organizzarsi in schools solo in determinate occasioni: le sardine (Sardina pilchardus), per esempio, trascorrono quasi per intero il loro ciclo vitale in vasti banchi polarizzati, tuttavia, mentre si nutrono, si scompongono in gruppi disordinati; d'altro canto, esistono pesci come il carassio (Carassius auratus) che, pur non essendo abitualmente riuniti in formazioni strutturate, si dispongono a schooling in caso di migrazioni.

La ricerca e l'individuazione dei diversi meccanismi sensoriali responsabili della formazione e del mantenimento del comportamento di banco ha impegnato a lungo gli ittiologi, le cui analisi si sono rivolte sia in campo anatomo-fisiologico che etologico. Il fatto che la maggior parte dei banchi si disperda durante la notte per riformarsi poi di giorno ha fatto supporre che gli individui che li compongono impieghino la vista come mezzo relazionale, per mantenere i contatti tra loro, ed ha incentrato le ricerche sul canale ottico. Dai vari esperimenti condotti in laboratorio è emerso che il meccanismo fisiologico-comportamentale che permette ai vari membri del banco di nuotare in sincronia è la cosiddetta "reazione optomotrice", intendendo con tale termine la reazione motoria osservabile in un pesce in risposta ad una particolare condizione sperimentale. Si pone l'animale all'interno di una vasca circolare circondata da un tamburo ruotante a bande verticali bianche e nere: facendolo girare, si nota che il pesce tende a riprodurre nel nuoto la stessa velocità e direzione delle bande alternate, muovendosi in maniera solidale ad esse. E' quindi probabile che in natura gli elementi del gruppo ricevano dai loro compagni vicini lo stesso tipo di stimolo e riescano a mantenere la loro reciproca posizione fissando il proprio movimento sulla sagoma dei compagni.

Il colore è un fattore di importanza determinante per prede e predatori che devono cercare di mimetizzarsi gli uni agli altri, soprattutto in ambienti ad alta biodiversità dove la vita esplode in un'infinita gamma di forme e colorazioni, ma anche in mare aperto, dove non esiste altra forma di protezione che la difesa di gruppo, il colore gioca un ruolo decisivo all'interno del banco. I pesci pelagici, generalmente dotati di un colore più o meno uniforme che rispecchia il mezzo trasparente in cui vivono, hanno adottato un sistema di mimetizzazione che sfrutta la capacità di rifrazione della luce incidente dall'alto. Osservandoli da vicino si nota che la parte ventrale è generalmente più chiara del dorso e questo per risultare di un colore uniforme quando sono illuminati: infatti, se fossero colorati in maniera omogenea, l'effetto della luce metterebbe in risalto il dorso che apparirebbe chiaro, mentre il ventre in ombra risulterebbe scuro. In tal caso il pesce sarebbe facilmente individuabile anche a distanza, mentre la colorazione in due diverse tonalità, che prende il nome di "pigmentazione polarizzata", lo nasconde efficacemente sia dai predatori che giungono dall'alto che dal basso. Non a caso la maggior parte degli attacchi andati a segno ricorrono al tramonto o all'alba, cioè quando l'effetto della luce polarizzata diventa meno efficace e i pesci sono più visibili.

I pesci neon (Paracheirodon innesi), tanto apprezzati dagli acquariofili per la loro iridescente colorazione, sono un esempio dell’importanza dei segnali visivi nella comunicazione intraspecifica di gruppo: le vistose bande rosse e verde-azzurro dai riflessi metallici che esibiscono sui fianchi rappresentano senz’altro un adattamento evolutivo alle acque "scure" dei corsi d’acqua dolce del Sud America, dove questi pesci vivono in gruppi numerosi, fuggendo compatti al minimo segnale di pericolo e facilitati in questo dai riferimenti ottici offerti dalle sagome brillanti dei loro compagni. Anche in acquario si può constatare come sia forte la loro esigenza aggregativa e l’importante ruolo etologico che il colore gioca in questi pesci: avvicinando il più possibile le condizioni riprodotte artificialmente in vasca a quelle del loro habitat originario – acqua acida, fortemente ambrata per la presenza dei tannini nel materiale vegetale in decomposizione sul fondo; luce bassa e soffusa come quella che filtra nelle acque ripariali – si noterà che i neon amplificheranno al massimo l’iridescenza della loro livrea per segnalarsi la loro reciproca posizione.

Un ruolo altrettanto importante nella comunicazione di massa è svolto dal sistema sensoriale conosciuto come linea laterale, che fornisce all'animale informazioni utili al mantenimento del ritmo all'interno del gruppo: per esempio, il rilevamento di variazioni di direzione e di velocità delle correnti locali, generate dai movimenti dei pesci vicini, permette di regolare la posizione di un individuo nel banco, evitando confusioni o collisioni fra i singoli componenti in caso di repentini cambiamenti di direzione od improvvise accelerazioni, quali quelle che si verificano in presenza di un predatore. Esperimenti di laboratorio condotti su pesci resi ciechi hanno dimostrato che essi potevano mantenere una certa sincronia di movimenti, mentre individui ai quali era stata praticata la resezione della linea laterale non erano in grado di coordinarsi con il resto del banco. Oltre al canale ottico e a quello della linea laterale, altri sistemi sensoriali sono presumibilmente coinvolti nell'organizzazione e nell'orientamento dei banchi di pesci, come quello acustico e quello chimico; fino ad oggi, tuttavia, non ci sono sufficienti dati sperimentali che ne possano chiarire il ruolo.

Le pressioni selettive che hanno determinato l'instaurarsi del comportamento di banco sono molteplici, ma certamente il principale vantaggio evolutivo che ne è derivato sembra essere la difesa dagli attacchi dei predatori. Analogamente a quanto avviene per i branchi di mammiferi o per gli stormi di volatili, il banco moltiplica la possibilità di avvistare in tempo un predatore per effetto dell'aumento del campo visivo; in tal modo la probabilità di essere assaliti diminuisce in maniera inversamente proporzionale al numero dei componenti del gruppo. E' stato infatti rilevato che la frequenza degli attacchi subìti da un banco è tanto più piccola quanto più grandi sono le sue dimensioni. I banchi a maggior numero di individui sono difficilmente attaccabili, poiché i singoli pesci si ammassano, secondo regole ben precise, a serrare le file e formare una palla compatta, in modo da offrire il minor rapporto tra la superficie esposta ed il numero dei suoi componenti. In mezzo alla moltitudine, ciascun individuo riduce così la probabilità di essere la preda designata dell'attacco e, inoltre, il banco addensato può apparire agli occhi di un predatore come un unico individuo di grossa taglia, in grado di intimorire e disorientare quelli più sprovveduti inducendoli a desistere. A conferma di ciò, numerosi esperimenti hanno evidenziato come le specie di banco, quando vengano separate dal resto del gruppo, siano più soggette ad episodi di predazione e di come le tattiche di attacco dei predatori siano tese a sfruttare la vulnerabilità degli individui isolati, cercando di disperderli e di separarli dai compagni.

La sincronia dei movimenti e la polarità direzionale caratteristiche dei banchi di pesci rappresentano quindi un'efficace misura antipredatoria, volta a prevenire l'incontro e l'attacco dei predatori. Tuttavia i vantaggi più rilevanti della vita di gruppo sono legati alle tecniche di fuga praticate per far fronte ad un attacco e comprendenti diversi tipi di manovre (vedi figure). L'"effetto fontana" è utilizzato nel caso non si riesca a superare in velocità il predatore che si è inserito nel banco, così che i componenti lo aggirano dividendosi lateralmente in due gruppi che si ricongiungono alle sue spalle; se il predatore si gira, la manovra si ripete in senso inverso. Questa tattica ha l'effetto di disorientare i sistemi sensoriali e comportamentali del predatore, che avrebbe difficoltà a localizzare e seguire delle prede che cambiano improvvisamente direzione. L'"espansione a flash" è invece messa in atto in caso di rapido avvicinamento di un predatore: il banco si apre a ventaglio di fronte ad esso, disperdendosi in tutte le direzioni e rendendo problematica la concentrazione su una singola preda in mezzo all'improvviso balenio di squame argentee.

Alle varie manovre difensive evolute dalle prede sono seguite in parallelo anche le contromisure messe a punto dai predatori, dando origine ad una vera e propria battaglia strategica per la sopravvivenza. Molti predatori diventano attivi quando la luce è bassa per sfruttare al meglio la visibilità delle prede oppure focalizzano la loro attenzione solo sugli individui più esposti del banco, nuotandogli incessantemente a lato ed attendendo il momento propizio per attaccare; altri hanno adottato la stessa linea strategica delle prede, disponendosi anch’essi in gruppo e moltiplicando in tal modo la loro forza offensiva. Sono infatti frequenti i banchi di grossi predatori, come tonni o barracuda, che si uniscono per seguire e cacciare le loro prede, anch’esse in gran numero, come per esempio gli enormi banchi di aringhe pelagiche, che diventano più vulnerabili che in presenza di un singolo predatore.

I vantaggi derivanti dalla vita di gruppo non si limitano solo alla difesa dai predatori, ma la vigilanza e la protezione offerta dal banco consentono ai suoi membri più tempo da dedicare ad altri tipi di attività, quali l’alimentazione: come avviene per l’avvistamento di eventuali predatori, ugualmente le fonti di cibo vengono localizzate più rapidamente da un banco che da un singolo soggetto. Sono ancora sconosciuti però i meccanismi che regolano lo scambio ed il trasferimento delle informazioni fra i vari componenti del banco, che forse avvengono attraverso il riconoscimento di particolari movimenti associati alle diverse attività. Anche i rapporti intraspecifici risultano avvantaggiati dalla stretta vicinanza con altri consimili, facilitando gli incontri nel periodo riproduttivo: i banchi, infatti, sono generalmente composti da individui di entrambi i sessi, fattore di grande importanza soprattutto per le specie che vivono nei vasti ambienti pelagici, dove la ricerca del partner può essere problematica. Un’altra ipotesi, infine - ancora controversa e non condivisa unanimemente in campo scientifico - che viene suggerita a conferma della validità della formazione del banco, è quella secondo cui i vari componenti trarrebbero dalla disposizione polarizzata dei vantaggi idrodinamici, investendo quindi minori energie nel nuoto. Ogni individuo sarebbe in grado di sfruttare vantaggiosamente le microcorrenti create dai nuotatori vicini, mettendosi per così dire sulla loro "scia" – mutuando un termine usato in automobilismo – impiegando in tal modo meno fatica durante il nuoto ed aumentandone l’efficienza. A supporto di questa teoria, ci sarebbero poi degli studi che hanno appurato come il muco della cute dei pesci, disciolto nell’acqua, possa effettivamente ridurre la resistenza offerta dal mezzo liquido, migliorando le prestazioni natatorie.

Si è già detto di come i molteplici vantaggi derivanti dalla vita di gruppo si siano evoluti con successo in circa il 50% delle specie di pesci e di come per alcune il comportamento di banco si riveli essenziale in particolari momenti del loro ciclo vitale. Le migrazioni, sia a scopo alimentare che riproduttivo, esemplificano i diversi fattori ecologici che concorrono all’impulso aggregativo. Gli spostamenti che i pesci compiono, nell’incessante ricerca del cibo o per arrivare nei luoghi idonei alla riproduzione, coinvolgono spesso un numero considerevole di individui riuniti in banchi strutturati: evidenze indirette indicherebbero che tale comportamento faciliti la migrazione per quanto riguarda l’orientamento e la precisione direzionale, agevolando anche l’homing, cioè il ritorno a casa.

I pesci ed i mammiferi planctonici compiono spostamenti di notevole entità seguendo i movimenti che le correnti dettano al plancton, effettuando migrazioni sia orizzontali che verticali, di quota, in acque aperte e prive di protezione se non quella offerta dall’aggregazione con i propri simili. L’accentramento, inoltre, favorisce la cattura delle prede e in generale la ricerca del cibo, oltre che la sua utilizzazione in maniera razionale. Un esempio particolarmente noto di pesci che si riuniscono in banco per sfruttare al meglio le possibili risorse alimentari viene dai temuti piranhas. Con questo nome generico si intendono i voracissimi pesci sudamericani del genere Serrasalmus che, comunemente riuniti in banchi numerosi, possono rappresentare un serio pericolo a causa della loro aggressività e ferocia nei confronti di chiunque - anche animali di grosse dimensioni e perfino l’uomo - che attraversino incautamente i corsi d’acqua in cui vivono. Dotati di robusti denti aguzzi, questi feroci predatori fanno del numero la loro arma vincente: riunendosi in una moltitudine di esemplari, anche se di piccola taglia, questi pesci riescono ad aggredire senza scampo prede molto più grosse di loro che sfuggirebbero altrimenti agli attacchi di pochi individui (un banco di piranhas può scarnificare una mucca in 5 minuti!).

Straordinari fenomeni di comportamento di banco sono le migrazioni riproduttive dei salmoni e delle anguille: i primi, dal mare risalgono a centinaia di migliaia di individui i corsi d’acqua dolce finché non giungono nel luogo esatto dove sono nati e dove, una volta deposte le uova, termineranno la loro esistenza lasciando spazio alla nuova generazione; le seconde, invece, si riproducono in massa nel Mar dei Sargassi, giungendovi dai mari di tutto il mondo dopo aver percorso un viaggio straordinario. Questi animali, dotati di incredibile istinto e resistenza fisica, riescono nella loro estenuante impresa grazie anche al loro considerevole numero che, nonostante l’elevata percentuale di vittime che si verifica durante il percorso, garantisce comunque il loro successo riproduttivo.

In numerose specie, sia marine che d’acqua dolce, l’istinto gregario si sviluppa invece sin dai primi momenti di vita, così che gli avannotti si riuniscono in "sciami" che trovano nella sicurezza data dal numero dei componenti la compensazione alla loro fragilità. E’ il caso dei Pesci Pecilidi, in particolare dei generi Lebistes e Mollienesia - largamente diffusi fra gli acquariofili con i soprannomi di guppy e molly - che anche da adulti preferiscono la vita comunitaria, conducendo una pacifica esistenza di gruppo, senza il quale, anzi, non si troverebbero sicuramente a loro agio. Esigenza comune anche ai Pesci Caracidi (generi Paracheirodon, Hemigrammus, Hyphessobricon, Petitella, ecc.), che devono essere introdotti in acquario in un numero minimo di 6-8 esemplari. Anche i pesci pulitori dei generi Corydoras, Botia, Ancistrus, ecc., amano riunirsi in piccoli gruppi per perlustrare i fondali in cerca dei detriti vegetali dei quali si nutrono, e la lista potrebbe continuare ancora con numerosi altri esempi di specie di banco altrettanto conosciute dagli acquariofili.

Tuttavia, la coesione fra più individui durante il periodo giovanile si riscontra anche in specie territoriali, nelle quali i giovani non ancora maturi ed aggressivi, accettano di buon grado la reciproca compagnia dei loro simili: chi ha avuto degli scalari (Pterophyllum scalare, Ciclidae) nel proprio acquario sa che, finché sono giovani e di piccole dimensioni, formano affiatati gruppetti in cui gli individui nuotano e mangiano tutti insieme in armonia, ma, non appena crescono, cercano di prendere il sopravvento gli uni sugli altri, arrivando anche ad aggredire ripetutamente i soggetti più deboli o di dimensioni inferiori, portandoli allo sfinimento.

Concludendo, la conoscenza e quindi l’analisi delle caratteristiche socio-ecologiche delle diverse specie di Pesci dovrebbe costituire requisito preliminare alla scelta degli ospiti nelle nostre vasche: la vita di gruppo, analogamente al comportamento territoriale, comporta adattamenti ed esigenze specifiche, la cui mancata riproduzione all’interno dell’acquario domestico può produrre disturbi comportamentali ed anche stati patologici in quelle specie notoriamente abituate a vivere in banchi.

BOX: La reazione di allarme

Nonostante siano "muti", in realtà i pesci sono in grado di scambiarsi un gran numero di informazioni ed il loro segreto linguaggio viene veicolato nell’acqua sotto forma di sostanze chimiche idrosolubili percepibili dagli organi olfattivi. Questi composti, detti feromoni, sono comuni sia a Vertebrati che Invertebrati ed ampiamente diffusi nel mondo animale per la comunicazione intraspecifica: secreti all’esterno insieme al muco che ricopre la cute dell’animale, sono in grado di evocare una reazione di natura comportamentale o fisiologica in altri appartenenti alla stessa specie e sono quindi da considerarsi dei messaggeri chimici del codice genetico di trasmissione tipico di ogni specie. Essi non agiscono sull’individuo che li produce, ma sui suoi conspecifici, influenzandone in qualche modo lo sviluppo, la riproduzione o il comportamento. All’interno di questo vasto gruppo di sostanze chimiche, alcune vengono liberate solo in caso di pericolo – come nel caso di un attacco da parte di un predatore – motivo per cui vengono dette "sostanze di allarme". Di enorme importanza nel comportamento antipredatorio, questi feromoni si diffondono rapidamente fra tutti i membri di un gruppo, agendo direttamente sul loro sistema centrale, e determinando una risposta collettiva immediata e reversibile; sono, infatti, altamente volatili e, passata la minaccia, la reazione d’allarme si estingue rapidamente così come si era creata. Numerose evidenze sperimentali hanno provato quanto questo comportamento sia essenziale al mantenimento dei banchi di pesci: se si introduce in una vasca contenente pesci gregari, come i vaironi (Leuciscus souffia, Ciprinidae), un esemplare ferito, si assisterà in breve ad una reazione di fuga dell’intero banco, il quale manifesterà una viva agitazione per tutto il tempo che l’animale leso rimarrà fra gli altri, anche per alcune ore; se, invece, si introduce nella vasca un vairone morto, non si nota alcuna variazione del comportamento del banco, dal momento che tale esemplare non è più in grado di produrre i feromoni scatenanti la reazione di allarme. La stessa situazione si verifica immettendo un pesce ferito in una vasca contenente dei pesci ai quali siano stati distrutti i recettori olfattivi.

In un altro Ciprinide, il pesce zebra (Brachydanio rerio), alcuni individui, i cosiddetti "allarmisti", sono particolarmente sensibili ai feromoni d’allarme prodotti dai loro conspecifici feriti, manifestando una tipica reazione di paura, caratterizzata da movimenti anomali e disordinati, la cui funzione è quella di allertare gli altri compagni affinché si mettano in salvo, ma, allo stesso tempo, attirano su di sé l’attenzione del predatore. Un comportamento altruistico, quindi, che si compie solo in gruppi riuniti da ragioni di tipo sociale, quali quelle che hanno determinato la coesione degli individui nel banco.

La reazione alla sostanza d’allarme è geneticamente determinata, cioè non richiede apprendimento ed è particolarmente sviluppata fin dai primi stadi di vita, forse per impedire eventuali fenomeni di cannibalismo, frequenti in natura come meccanismo di autoregolazione della specie e negli acquari dalla capacità non adeguata al numero di pesci ospitati. Non tutte le specie di pesci, tuttavia, possiedono la capacità di secernere le sostanze d’allarme: diffuse nei pesci d’acqua dolce e, in particolare, nei Caracidi e nei Ciprinidi, del cui istinto gregario abbiamo già parlato, sono presenti fra i pesci marini solo nel Tribolodon sp., anch’esso un Ciprinide, che pare sia in grado di avvertirne la presenza.

BIBLIOGRAFIA

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