Strategie della riproduzione:
Aggressività e Cure parentali

Testo di Maurizio Lodola e M. Letizia Tani

Il corteggiamento:
la paura di incontrarsi
L’accoppiamento:
un atto d’amore senza contatto
La cura della prole:
genitori premurosi
L’incubazione orale: un premio evolutivo Non per amore, ma per necessità Bibliografia


Seconda parte:
La scelta del partner e la difesa della prole

Nell’articolo precedente abbiamo visto come viene conquistato e difeso il territorio riproduttivo; ora approfondiremo i meccanismi che portano due partners a scegliersi, a volte per tutta la vita, ed a intraprendere la difficile prova che ha come obiettivo la continuazione della propria specie.

Come molti acquariofili avranno avuto modo di verificare a proprie spese, non è sufficiente inserire in un acquario adibito alla riproduzione due individui di sesso opposto per ottenere una nidiata di avannotti sciamanti. Spesso la coppia di riproduttori si formerà spontaneamente all’interno di un gruppo più o meno folto di individui della stessa specie: la scelta sarà tanto più complessa quanto più duraturo è il sodalizio tra i due partners e più intense le cure che verranno dedicate alla propria prole.

Per questo motivo, è utile inserire in acquario un gruppo di giovani individui della stessa specie ed allevarli sino al raggiungimento della maturità sessuale; quando una coppia inizierà il rituale di corteggiamento sarà opportuno allontanare gli altri esemplari.

L’iniziativa solitamente parte dal maschio, nel quale la disposizione al combattimento aumenta enormemente durante il periodo riproduttivo: nel frattempo l’animale dovrà affrontare una situazione conflittuale, diviso fra la necessità di allontanare qualunque estraneo dal proprio territorio e l’esigenza di conquistare una femmina pronta per la riproduzione. Si spiega così la differente livrea indossata dalle femmine, nelle quali i segnali scatenanti la competizione nei maschi vengono camuffati da forme e colori diversi, spesso ad imitazione delle livree giovanili che, a loro volta, esercitano una funzione acquietante e di disposizione all’accoppiamento.

Tuttavia, a volte, il combattimento tra maschi è indispensabile: esperimenti condotti da K. Lorenz - e successivamente da A. Rasa - hanno dimostrato che i maschi dei Ciclidi Etroplus maculatus e Geophagus brasiliensis devono combattere con altri maschi prima di potersi accoppiare con successo. Se privati di questa opportunità, scaricano sulle femmine l’accumulato istinto alla lotta fino ad ucciderle.

Una volta chiamato o avvicinato il partner, è necessario poi eliminare il timore che esso in genere mostra per il contatto diretto. Infatti, non solo gli animali solitari, ma persino quelli sociali, mantengono le distanze dai conspecifici, mettendosi sulla difensiva non appena viene violata una certa distanza interindividuale; ai fini dell’accoppiamento questa barriera di aggressività viene superata con speciali gesti acquietanti. TOP

 

Il corteggiamento:
la paura di incontrarsi

Quando i futuri genitori si sono finalmente riuniti nel territorio riproduttivo iniziano il corteggiamento ed i giochi amorosi, costituiti da moduli comportamentali ben precisi, con la funzione di permettere ai partners di conoscersi e riconoscersi, di formare cioè un legame che permetterà loro di concludere proficuamente il ciclo riproduttivo.

Le movenze, i fremiti ed il dispiegamento delle pinne esibiti nella prima frazione dei combattimenti ritualizzati, vengono nuovamente utilizzati dal maschio durante il corteggiamento. Questa volta, però, la risposta della femmina per neutralizzare l’aggressività del maschio è di sottomissione e di ostentazione di segnali scatenanti che comunicano al maschio la sua disponibilità all’accoppiamento: tipici di questa fase sono l’esibizione dell’addome gonfio di uova, esaltato da una colorazione contrastante con il resto della livrea e da movimenti che simulano la deposizione.

A questo punto i due si dirigono verso il luogo prescelto per la deposizione delle uova e - a seconda delle specie - ci sarà un nido già preparato dal maschio oppure esso inizierà a costruirlo. Spesso il sito è semplicemente costituito da un sasso o da una foglia della vegetazione sommersa che verrà ben ripulita, ma altre volte si assiste all’allestimento di vere e proprie opere d’arte.

E’ il caso degli Anabantidi, che costruiscono una struttura galleggiante utilizzando frammenti di alghe e foglie, tenuti insieme da una schiuma di bollicine prodotte dal maschio e continuamente rinnovate per garantirne la solidità; anche la Tilapia macrochir (Ciclidi), come gli uccelli giardinieri, abbellisce la buca per la deposizione delle uova, scavando tutt’intorno dei solchi a raggiera, cosicché l’intero nido, dall’aspetto di una stella, diventa un segnale in grado di attirare la femmina. TOP

 

L’accoppiamento:
un atto d’amore senza contatto

Quando tutto è pronto e l’eccitazione della coppia è al massimo, avviene la deposizione e quindi la fecondazione delle uova, con diverse modalità a seconda delle specie.

Nei Ciclidi e negli Anabantidi, pesci a fecondazione esterna, le uova vengono a contatto dello sperma solo dopo che sono state espulse dalla femmina. Con questo procedimento, le probabilità che uno spermatozoo venga a contatto con l’uovo dipendono dall’abilità di entrambi i genitori e la tecnica - istintiva di base - viene affinata con le riproduzioni successive.

Talvolta le uova adesive vengono deposte su un substrato e la femmina le dispone in file ordinate, adagiandovi l’ovopositore ed espellendole singolarmente, alternandosi ad ogni passaggio col maschio che le feconda. Da questo momento in poi le uova verranno ventilate a turno dai genitori - a volte è solo la femmina che se ne occupa - con un movimento ritmico delle pinne pettorali, detto fanning, che garantisce un continuo ricambio d’acqua ed un costante apporto di ossigeno agli embrioni in crescita.

Negli Anabantidi, dopo che il maschio ha condotto la femmina sotto il nido galleggiante, i due partners si stringono in un elegante abbraccio, durante il quale alcune uova e lo sperma vengono espulsi contemporaneamente nell’acqua. Il maschio - spesso anche la femmina - le raccoglie delicatamente prima che tocchino il fondo e le sputa contro il nido di bollicine a cui aderiscono. Il rituale si ripete molte volte, sino a quando tutte le uova non sono state fecondate e raccolte; a questo punto la femmina viene energicamente allontanata dal maschio (in acquario sarà opportuno spostarla in un’altra vasca), che si occuperà da solo dell’incubazione delle uova, ventilandole e difendendole da qualsiasi intruso.

Un discorso a parte meritano quelle specie di Ciclidi che adottano l’incubazione orale come modalità di cura parentale. In questi pesci l’evoluzione ha perfezionato il meccanismo della difesa delle uova, portando le femmine ad accoglierle in bocca non appena espulse e fecondate dal maschio. In alcune specie di Ciclidi la femmina è fin troppo lesta a raccoglierle, addirittura prima ancora che il maschio le abbia fecondate: in questo modo evita il pericolo che alcune delle uova vengano predate, ma come farà il maschio a fecondarle?

I futuri papà hanno dovuto quindi escogitare degli stratagemmi per risolvere il problema di una mamma tanto sollecita, con le modalità che l’etologo W. Wickler definisce mimetismo intraspecifico. Nei maschi dei Ciclidi africani del genere Haplochromis, per esempio, la pinna anale presenta dei disegni a forma di uova, del tutto simili a quelle naturali. Quando la femmina ha preso in bocca le uova, le si pone davanti con la pinna anale spiegata e non appena la femmina spalanca la bocca, cercando di afferrare gli zimbelli simulanti le uova, in quell’attimo, il maschio le feconda.

Anche in Tilapia macrochir la femmina raccoglie le uova subito dopo averle deposte. Qui però il maschio provvede alla fecondazione in un altro modo: produce spermatofore filiformi che la femmina raccoglie, ma molte di esse rischiano comunque di andare perdute. Allora, anche in questo caso, si è evoluto un segnale ingannevole che rende possibile la fecondazione di tutte le uova: l’apertura genitale del maschio è infatti dotata di lunghe sagome filiformi simili alle spermatofore che - come accade per le finte uova - esercitano sulla femmina un’attrazione di gran lunga superiore alle spermatofore vere e proprie. Il maschio mostra questi zimbelli alla compagna che li afferra con la bocca, raccogliendo così insieme ad essi anche le vere spermatofore.  TOP

 

La cura della prole:
genitori premurosi

Il periodo di incubazione delle uova, solitamente breve, varia da 36 a 72 ore a seconda della temperatura: uno sviluppo così precoce però porta alla formazione di larve non completamente formate; quindi, dopo la schiusa delle uova, la crescita continua con l’assorbimento del sacco vitellino. Durante questo periodo la giovane larva rimane fissata al substrato, attingendo nutrimento dal tuorlo dell’uovo non ancora esaurito. Ma chi si occupa di essa in questa delicatissima fase della sua vita?

La casistica è varia: a volte è solo il padre ad occuparsi della progenie, creando famiglie patriarcali come tra gli spinarelli, i pesci ago, gli ippocampi e gli Anabantidi, di cui abbiamo già accennato. Nelle famiglie matriarcali, invece, è solo la femmina che si prende cura dei piccoli, come avviene in molti Ciclidi e nella maggior parte dei pesci che praticano l’incubazione orale.

Le famiglie parentali - in cui i piccoli ricevono le cure da entrambi i genitori - si ritrovano per esempio tra i Ciclidi del genere Hemichromis e Cichlasoma. In questi si assiste ad una ripartizione dei compiti, con il maschio che si assume per lo più la difesa del territorio e, a volte, quello di recuperare e trasportare gli avannotti in stazioni di crescita diverse da quella della deposizione, compito che, di norma, spetta alla femmina.

Talvolta si formano delle "famiglie allargate", nelle quali un unico maschio offre protezione a diverse femmine e piccoli, come in Lamprologus congolensis, già visto nel precedente articolo.

Nei Ciclidi parentali la coesione è garantita sia dalla reazione di inseguimento dei piccoli, sia dal comportamento di cura della prole: non appena i piccoli sono in grado di nuotare – mentre il padre pattuglia il territorio – la madre li guida, raccogliendo in bocca quelli che si allontanano troppo dal branco e depositandoli nuovamente tra gli altri. Inizia così un sistema di comunicazione tra genitori e figli, un vero e proprio linguaggio, fatto di movimenti, forme e colori diversi da specie e specie.

I genitori generalmente richiamano i piccoli con movimenti delle pinne simili a movenze ritualizzate di nuoto. Normalmente un pesce che si allontana nuota ripiegando la pinna dorsale ed ondulando il corpo: l’Aequidens con i piccoli nuota per un breve tratto con la pinna ripiegata, esagerando l’oscillazione dei movimenti ed aspettando la prole.

I Ciclidi nani, invece, usano una mimica che rappresenta l’ultimo residuo del movimento di nuoto, richiamando gli avannotti con vistosi scuotimenti del capo; nell’Herichthys cyanoguttatus questo richiamo è diventato - a restrizione del suo significato - un vero e proprio segnale di avvertimento in caso di pericolo. Così pure avviene nei pesci gioiello (Hemichromis bimaculatus) che, in più, alzano ed abbassano ripetutamente la pinna dorsale per attirare i piccoli nel nido, movimento che K. Lorenz definisce un segnale scatenante per "mettere i piccoli a nanna". In Hemichromis, quindi, i richiami nei confronti dei piccoli hanno dato origine a due movimenti espressivi con significati diversi.

I piccoli rispondono prontamente alla serie di segnali provenienti dai genitori, che seguono in tutti i loro movimenti. Si può notare, per esempio, come nei pesci che praticano l’incubazione orale spesso la bocca sia evidenziata lateralmente da macchie o fasce scure, in modo che in caso di pericolo i piccoli possano individuare rapidamente il luogo più sicuro ove rifugiarsi. Quando questi segnali mancano, gli avannotti utilizzano come punto di riferimento gli occhi della madre, dirigendosi poi verso un punto intermedio: normalmente così ritornano in bocca al sicuro.

I vari moduli comportamentali attuati dai genitori per richiamare la prole sono stati ampiamente studiati in laboratorio, soprattutto sui Ciclidi: dall’analisi comparativa fra le varie famiglie che praticano diverse modalità riproduttive sono emersi indizi di carattere comportamentale che fanno ritenere come l’incubazione orale rappresenti l’evoluzione del più primitivo sistema della cura legata ad un substrato.

Tale ipotesi è inoltre rafforzata dalla constatazione che i pesci che praticano l’incubazione orale hanno avuto un largo successo riproduttivo, probabilmente perché con questa modalità riescono a proteggere efficacemente la loro prole dagli attacchi dei predatori.  TOP

 

L’incubazione orale: un premio evolutivo

L’incubazione orale della prole comporta una serie di modificazioni delle normali attività che coinvolgono la cavità buccale e che potrebbero mettere in pericolo l’incolumità dei piccoli. Ad esempio, scompaiono tutti i movimenti bruschi attuati tramite la bocca, come nello yawning, l’atto in cui il pesce spalanca la bocca come in uno sbadiglio. Compaiono invece altri periodici movimenti della bocca associati alla cura della prole, che iniziano non appena le uova si trovano all’interno della cavità orale: con questi atti, detti di churning, il pesce crea una continua corrente d’acqua che serve per ossigenare le uova e liberarle da eventuali detriti. Questo comportamento è quindi analogo al fanning, l’attività di ventilazione delle uova che si osserva nelle specie che depongono su substrato.

Oltre a questi accorgimenti, le cure parentali comportano anche delle restrizioni per i genitori: in generale, essi non si nutrono finché portano in bocca le uova o le larve; solo quando quest’ultime escono per nutrirsi, gli adulti riescono ad alimentarsi a loro volta.

La modalità di cura delle uova tramite l’incubazione orale si è probabilmente evoluta in ambienti nei quali i pesci sono sottoposti ad un’alta pressione predatoria sulla prole o che si trovano in condizioni ambientali sfavorevoli allo sviluppo delle uova nei siti di deposizione.

Non a caso questo sistema riproduttivo si è largamente diffuso nei Ciclidi che vivono nei laghi africani, per i quali ha rappresentato senza dubbio un adattamento che ha contribuito al loro successo: infatti, in queste specie – che popolano acque spesso poco profonde e soggette a variazioni di livello – la riproduzione mediante uova deposte su substrato risulterebbe svantaggiosa a causa delle precarie condizioni ambientali, che esporrebbero maggiormente le uova ad una serie di pericoli.  TOP

 

Non per amore, ma per necessità

Nel Ciclide Tilapia mariae i due partners esercitano inizialmente una reciproca attrazione l’uno sull’altro; dopo la deposizione delle uova, invece, predomina una repulsione fra maschio e femmina ed il motivo per cui non si giunge ad una vera e propria separazione va ricercata nell’attrazione esercitata dalle uova e dai piccoli.

I due genitori non si seguono più con la frequenza che ci si aspetterebbe dal loro legame, che è addirittura inferiore a quella prevista per incontri casuali, il che può essere interpretato come volontà di evitarsi.

Se ad uno di essi togliamo i piccoli, si può osservare che nuota di più in giro, è palesemente inquieto e cerca attivamente intorno. Invece, se gli togliamo il compagno, lasciando però i piccoli, il pesce rimane tranquillo, anzi più di prima: non solo non sente dunque la mancanza del partner, ma la presenza di quest’ultimo insieme alla prole costituisce per esso addirittura un fattore di inquietudine. TOP

 

Bibliografia

Clutton-Brock T. H.: " The Evolution of Parental Care", Princeton University Press, (1991)

Eibl – Eibesfeldt I.: "I fondamenti dell’etologia", Adelphi (1980)

Heiligenberg W.: "A Quantitative Analysis of Digging Movements and their Relationship to Aggressive Behaviour in Cichlids" da Animal Behaviour, 13, pp. 163-170 (1965)

Hyatt Verrill A.: "Strani pesci e le loro storie", Murzia (1978)

Konings A. e AA. VV.: "Il libro dei Ciclidi", Ciclid Press (1993)

Lattes Coifmann I.: "Il sesso negli animali", Editoriale Giorgio Mondadori (1987)

Wickler W.: "Das Züchten von Aquarienfischen. Das Vivarium", Franck’sche Verlags-handlg., Stuttgart (1962)  TOP